L’arte dell’illustrazione si annovera senz’altro tra le più complesse; soprattutto quando si illustrano prevalentemente dei fantasy, dove intervengono più piani e più stili narrativi, come il mito, il soprannaturale, l’immaginazione, l’allegoria, la metafora, il simbolo e, soprattutto, il surreale.
Illustrare, arte che Zava frequenta essendo anche illustratrice proprio di libri fantasy, significa dare lustri nel senso di illuminare. E per illuminare bisogna senz’altro essere luminosi e illuminati. Ecco allora che luce e colori sono elementi fondamentali; così come lo sono la pluralità dei linguaggi artistici usati.
Ma ancora più importante è il saper vedere la magia e la suggestione per tradurla con altrettanta autenticità.
Questa premessa, quasi filologica, era quanto mai necessaria per arrivare a parlare delle opere di Fanny Zava, artista poliedrica, eclettica e originale, capace di saper trasmettere e condividere le proprie emozioni che si dipanano lungo un ponte immaginario che unisce il Brasile a Venezia.
L’artista infatti ha vissuto e studiato in Brasile dove ha approcciato l’arte con i primi corsi di pittura su tela e tessuto. Trasferitasi poi a Venezia, l’artista approccia la pastosità del colore in seno alla venezianità.
Chi ha un po’ di dimestichezza con l’arte – e la letteratura brasiliana – sa che almeno due sono gli elementi imprescindibili che ci arrivano – potenti e saturi, mai negoziabili – da quella terra: i colori assoluti e la brulicante magia della vita.
Tra i massimi pittori del XX secolo senz’altro vanno citati Candido Portinari ed Emiliano di Cavalcanti, indiscussi maestri, tra gli indiscussi rappresentanti della pittura brasiliana ( così come Rivera e Kahlo lo furono per l’arte messicana contemporanea). Ed è proprio a loro che Fanny Zava dedica due delle sue tante opere ( ne espone 18 ) raggruppate sotto il titolo: “I sogni dei grandi maestri”.
I suoi lavori si ispirano fortemente alle correnti del surrealismo (con importanti incursioni, sempre in tema, verso i mondi allucinati di Arcimboldo e di Jeronimus Bosch) ed ecco allora, immancabili, gli omaggi di Zava ai grandi maestri: Dalì, Magritte ed Ernst, eccelso padre del collage che realizzò sempre opere densamente simboliche, dando vita ad un repertorio di immagini oniriche che lo hanno reso famoso in tutto il mondo Durante il suo soggiorno parigino Ernst, a partire da un’analisi del mondo borghese a lui contemporaneo, virò verso i temi classici della mitologia, rivisitati però attraverso l’effetto straniante del collage, non più proposto unicamente come tecnica, ma divenuto concetto, modalità.
Così Zava. Usando la tecnica pittorica, il fotomontaggio, il collage, la fotografia l’autrice sembra invitarci in un mondo di immagini in cui tutto è possibile.
Come addormentarsi su una delle spiagge dipinte da Salvador Dalì, oscillando tra corpo molle come i celeberrimi orologi dipinti dal Maestro o sinuosa nudità a cassetti. Oppure indossando l’abito della famosa “Sposa” di Max Ernst o tenendo in mano la mela di René Magritte.
Coincidenze felici ed eventi aneddotici ispirano l’artista in una fantasia che si traduce in immagini dense di colori vivaci e ipnotiche fantasie. Le sue creazioni prendono spunto da una narrazione, si tratta di un momento specifico nel quale si è fatta strada nell’artista la consapevolezza di essere debitrice a un maestro.
Ma anche la consapevolezza di essere scaturita dal sogno di un maestro, ovvero di di essere inscrivibile in quella particolare traccia sistemica, formale ed estetica rintracciabile nelle opere dei suoi maestri.
Adesso Zava entra a cavallo, bambina, in una scena dipinta da Portinari mentre aquiloni blu e arancio volano in verticale, descrivendo un tragitto ascetico. Il dipinto di Portinari è straniante nella sua fissità, ci riporta al caldo torrido, all’ozio, al perder tempo suonando musiche ipnotiche, possiamo quasi sentire il canto delle cicale nell’ora più calda. I bambini giocano in uno spazio giallo che un assolato è senza fine. Fanny entra in scena a cavallo, con un pappagallo sulla spalla. C’è anche lei in questo torrido pomeriggio di Portinari.
Entra nel sogno del meriggio del grande Maestro. Così come, ora più grande, appare stagliata tra le molteplici figure che, abitualmente, affollavano le tele di Cavalcanti. Tiene in mano uno strumento a fiato e si inserisce plasticamente nella costellazione festosa che il maestro punteggia di fiori e frutti carnosi.
Fanny, in tutti i suoi lavori, lascia a chi osserva la possibilità di immaginare storie che si collochino in queste colorate incursioni surreali e oniriche, stimolando così la nostra fantasia. I suoi sono lavori intensi che confondono e irrimediabilmente attraggono lo spettatore. Le eccentriche opere di questa artista sono la sua personale visione di un mondo in cui la memoria si mescola alla bellezza e al mistero della fantasia, creando realtà immaginarie. A spasso nel tempo.
Fanny Zava vive e lavora a Venezia. Ha studiato e vissuto in Brasile, frequentando i primi corsi di Pittura.
Si laurea in Economia e Commercio presso l’Università degli Studi di Venezia, conseguendo il premio F.I.D.A.P.A. per la miglior tesi di laurea del 1992.
Ha inoltre collaborato con il Consolato Brasiliano di Venezia come traduttrice e con la rivista “Veneto Magazine” come fumettista.
Si è dedicata alla Pittura e alla Grafica artistica con la propria ditta individuale (Fannybra).
Collabora dal 2014 come illustratrice con la casa “Runa Editrice”.
E’ presente nel libro storico dell’UCAI veneziana (2015) “San Vidal Artisti ieri e oggi”, disponibile presso i principali musei d’Italia. Nel 2017 riceve una targa speciale alla 36° edizione del Premio Nazionale di Pittura Renato Nardi.
Nel 2018 vince due Contest per illustratori collegato alla rivista digitale JobOk Magazine. Collabora con vari scrittori come illustratrice fantasy.
L’artista si ricollega alla pittura surrealista per esprimere emozioni, sogni e ricordi con i suoi ritratti. Nelle raffigurazioni è determinante l’impossibilità di ignorare il peso di un mondo sovraffollato, inquinato e ansiogeno, in una società tempestata da emozioni contrastanti e inquadrata dentro schemi che guardano ai grandi numeri, spesso percepiti come ingiusti e alienanti. Le reazioni umane che ne derivano non sono eterogenee, quanto piuttosto rivolte a trovare un punto di arrivo nell’arte, nei valori umani, nella ricerca di equilibrio fra corpo e spirito.