Quando ho iniziato a lavorare a questo tema, non conoscevo ancora quali fossero le strade che avrei intrapreso; sapevo solo che non volevo parlare di guerra, di vincitori e di vinti.
Volevo trasmettere un messaggio forte che contrapponesse alla violenza e alla morte sentimenti di solidarietà e di fraternità. Il volto dei soldati, che mi si affacciava alla mente, non era quello di “nemici”, ma di “uomini” accomunati dal medesimo destino. Protagonista dell’esposizione è l’uomo, il soldato, che, con il proprio sacrificio e la propria sofferenza, ha realmente vissuto e patito la guerra.
Avevo bisogno di un simbolo che fosse il filo conduttore della mostra. L’elmo spartano non è stata solo una scelta estetica, ma la necessità di uscire dai condizionamenti storici, vista la nostra posizione geografica. L’ho volutamente cercato per non usare né l’elmo italiano né quello austroungarico e focalizzare tutta l’attenzione sull’uomo.
L’idea iniziale è nata da una frase di Bertold Brecht, letta sui muri di Orgosolo più di quarant’anni fa: “Beato il popolo che non ha bisogno di eroi”.
E’ stata una porta aperta che mi ha immerso nel mondo della poesia, in particolare,
quella scritta da chi ha vissuto l’assurdità della guerra in prima linea, in trincea.
Così è nato l’incontro con il Poeta che ha ispirato questo mio lavoro: Giuseppe Ungaretti.
Lui, il ritrovato Ungaretti, è diventato il mio Virgilio; la mia guida in questo lungo viaggio durato più di due anni.
Grazie a questo progetto espositivo mi sono trovato a dover riflettere su eventi di cento anni fa che, purtroppo, sono ancora tristemente attuali. Mi auguro che ciò avvenga anche a tutti coloro che si confronteranno con questa mia proposta.
Bruno Lucchi